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Durante una settimana di vacanza, Sara e Spillo, insieme al loro cagnolino maltese Short, si impegnano a risolvere il caso delle campane che non suonano.
Mentre cercano soluzioni si imbattono in un inaspettato mistero ben più grande di loro e che li riguarda da vicino.
Si muovono sulle strade di Modena, tra i suoi simboli più belli: la Ghirlandina, il Duomo, Piazza Grande, la Bonissima, in un’avventura coinvolgente che ci farà guardare la città con occhi diversi.

Primo capitolo

NEBBIA FITTA

Era una sera di fine marzo, una nebbia densa riempiva di grigio tutti gli spazi di Modena. Lei se ne stava lì, come sempre a guardare dall’alto, impassibile da secoli. No, non la Ghirlandina, detta la “Piopa”, che svetta e controlla tutta la città. No, su Piazza Grande c’è un altro sguardo, molto più discreto della torre, ma ugualmente vigile: è la statua bianca di una donna, posta in alto all’angolo del Palazzo Comunale, all’incrocio della piazza con via Castellaro: è la “Bonissima” che, per i modenesi, è simbolo di generosità e stima.
Quell’angolo è da sempre un punto di riferimento per darsi appuntamenti, per concludere buoni affari, per siglare un patto che vincola semplicemente con una stretta di mano, con la Bonissima, lassù, come testimone e garante. Ma quella sera, anche la piccola statua bianca era stata inghiottita dalla nebbia.
Durante il giorno c’era stata una pioggia torrenziale con raffiche di vento forte, lampi e tuoni, e un cielo scuro. Il centro storico non era riuscito ad assorbire quel diluvio, dappertutto era pieno di pozzanghere; le serrande dei negozi erano già abbassate, erano già tutti corsi a casa, chi davanti alle televisioni, chi a cena e chi a prepararsi per uscire in compagnia.

Sara e Spillo, invece, erano ancora in giro: lei sulla speciale sedia a rotelle, lui di fianco con l’inseparabile skateboard, il cagnolino maltese dall’altro lato, trotterellante.

Avevano portato Short a fare i suoi bisogni, conoscevano il centro storico a memoria, ma quella sera non c’erano punti di riferimento, le strade avevano qualcosa di spettrale, non c’erano altre anime vive in giro.
Un uccellaccio gracchiò sopra ai tetti e si sentirono, in risposta, degli strani miagolii lamentosi e un frullio di ali: i due ragazzi si guardarono e decisero di accelerare l’andatura. Strattonarono Short che come sempre si era fermato ad abbaiare nel punto in cui doveva esserci la Bonissima.
«Dai, Short, smettila! Non ti risponderà mai, è lì muta da secoli!» disse Sara, un po’ spazientita.
«Uhmm… Secondo me è muta per noi, ma loro due si parlano eccome! Non so in che lingua, ma si capiscono» rispose Spillo.
All’improvviso, una voce cavernosa alle loro spalle, uscita dal nulla, sentenziò: «Miss White centinela ha detto che you don't know pas encore chi siete, pero pronto lo sabrás, bientôt, molto presto…»
I ragazzi sobbalzarono a quella frase sconclusionata, si girarono riuscendo a intravedere solo un’ombra dai contorni sfumati che affondava nella nebbia. Si scambiarono un nuovo sguardo d’intesa e in fretta si avviarono verso casa.
Attraversarono in un baleno piazza XX Settembre, poi tutta via Albinelli e, circa a metà di via Dei Servi, chiusero in fretta dietro di loro il vecchio e pesante portone che cigolò, come non aveva mai fatto.
Nell’atrio interno del palazzo i tre si sentirono finalmente al sicuro. Sara mise in carica la batteria elettrica del suo speciale veicolo e andarono al primo piano con l’ascensore. Quella sera avrebbero cenato insieme, anzi, Spillo si sarebbe fermato a casa della sua amica per alcuni giorni, poiché suo padre era in vacanza con una nuova fidanzata, l’ennesima.
La tavola era già apparecchiata, c’era quell’odore buono di casa, il nonno Dario stava cuocendo le tigelle mentre la nonna Lucia stava parlando con qualcuno al telefono.
Quando finì disse ai ragazzi: «Bentornati! Ma vi sembra questa l’ora di rientrare? Non ci si vede a un tiro di schioppo, cosa facevate ancora in giro?»
«Dai nonna, lo sai che siamo prudenti, vedi? Siamo qui, sani e salvi» si difese Sara.
«Va bene, va bene. Ora mangiamo che le tigelle son buone calde. Tenete un posticino per l’ultima, che vi ho preso la Nutella.»

Mitica Lucia, sapeva sempre rallegrare tutto, era impossibile non volerle bene.
«Io rinuncio a una tigella con il salume e ne prenoto due finali» disse Spillo, che amava molto i dolci.
«Mangia tranquillo – lo rassicurò Dario indicando il cestino di stoffa – stavolta ne ho fatte tante, guarda che bella gallinella ciunta di tigelle c’è in tavola.»
Quella sera avevano il permesso di stare in soggiorno a guardare comodamente un film: era il mercoledì della settimana di Pasqua, il giorno dopo niente scuola.
Spillo aiutò Sara a sistemarsi sul divano, anche se lei faceva tutto con molta naturalezza. Short era sulla sua copertina, a prendersi le coccole in mezzo a loro, e la visione del film poteva partire.
“Spiderwick - Le cronache” era il film che avevano scelto. Andarono a letto più tardi del solito e fecero un po’ fatica a prendere sonno poiché voci cavernose, ombre nella nebbia, orchi mutaforme, goblin e silfidi si aggiravano tra i pensieri dell’una e dell’altro. Proprio mentre stavano per assopirsi lo smartphone di Spillo si illuminò: suo padre, dall’altro capo del mondo, gli augurava la buonanotte.
«Non ci prende mai con gli orari» disse piano, ma in cuor suo era proprio contento di essere stato pensato. Quel piccolo bagliore nel buio spazzò via le creature mostruose e d’un colpo si addormentarono.